Tutti i luoghi reali sono stati sostituiti da altri luoghi che nulla hanno a che vedere con l’accaduto.
Per comprendere la mia storia e il perché io sia finita in una chiesa evangelica, va fatta una piccola premessa.
Nel luglio 2002 morì mio nonno materno al quale ero molto legata. Morì per colpa di un tumore ai polmoni che, nonostante due anni di lotta e chemioterapie, l’ha portato via in seguito alle metastasi che aveva generato.
L’anno successivo, il 30 maggio 2003, fui operata io stessa di un carcinoma alla ghiandola salivare destra.
Io fui più fortunata di mio nonno, è bastato un semplice intervento di asportazione della suddetta ghiandola senza incappare in ulteriori terapie quali chemio o radio, sviluppai solo una forma di ipotiroidismo che tenevo sotto controllo con dei farmaci.
Avevo 13 anni, poche settimane dopo l’intervento ho superato gli esami di terza media e tra una visita di controllo e l’altra mi sono ritrovata ad iniziare le scuole superiori.
A quei tempi vivevo ancora a Firenze con i miei genitori e mia sorella maggiore.
Nel 2004 i medici consigliarono ai miei genitori di trasferirci fuori dalla città, in un ambiente meno esposto allo smog e all’inquinamento sia per la mia salute che per quella di mio padre, dato che soffre ancora oggi d’asma.
Siamo sempre stati molto attaccati alla famiglia materna e, quindi, mia nonna non fu molto contenta del nostro trasferimento nell’Appennino tosco-emiliano, ma dovette comunque accettarlo.
Finito il mio primo anno di superiori ci siamo trasferiti appunto in un paesino dell’Appennino tosco-emiliano, io avevo 14 anni, mia sorella 18 e si accingeva ad iniziare il suo percorso universitario alla facoltà di lingue, più precisamente aveva deciso di studiare cinese e spagnolo.
Io iniziai il secondo anno di superiori all’istituto professionale per i servizi turistici a Massa Carrara. Sognavo di poter viaggiare da grande.
Mi sono ritrovata in un ambiente completamente nuovo, dove non conoscevo nessuno.
Per quanto nei mesi estivi abbiamo frequentato l’oratorio del paese per stringere qualche amicizia, io ero poco incline ad aprirmi con gli altri, mi sentivo un po’ spaesata ed ero diventata più timida e riservata di quanto non lo fossi già di mio.
Mi ritrovai ad essere vicina di banco di una ragazza che fu molto gentile e iniziò a fare amicizia con me.
Nel corso dell’anno diventammo sempre più amiche, ad uno stage conobbi anche sua sorella minore, una super metallara con i capelli nero corvino, la pelle bianchissima e gli occhi azzurrissimi come la mia nuova amica.
Facendo amicizia con T, la mia vicina di banco, scoprì che era una persona molto religiosa ma non frequentava un oratorio bensì una chiesa evangelica.
Non avevo mai sentito parlare di questa cosa in tutta la mia vita.
Mi parlava di questo Dio che ti ama così come sei e professava liberamente la sua fede in barba anche agli scherni dei nostri compagni di classe.
Nel febbraio 2005, se non ricordo male il 5 o il 15 febbraio (questa ricorrenza l’avevo poi segnata sulla mia prima Bibbia che, attualmente, mi rifiuto di voler sfogliare), andai a casa sua per preparare un’interrogazione di storia (precisamente su Napoleone).
Mentre studiavamo, T iniziò a piangere e a dire che se le persone avessero conosciuto l’amore di Dio non si sarebbero fatte così tante guerre nel corso dei secoli.
Non mi ricordo tutto il resto del discorso, ricordo solo che mi ritrovai a voler fare la cosiddetta preghiera di salvezza, cioè quella confessione di fede nella quale riconosci che Gesù è morto sulla croce per salvarti dai tuoi peccati passati, presenti e futuri e che da quel momento in poi rinasci a nuova vita.
[Nella vita di un evangelico è il punto di partenza, infatti viene chiamato nuova nascita.
Secondo quanto riportato nella Bibbia, l’uomo per poter essere salvato dai peccati e dalla dannazione eterna deve rinascere nello spirito, sperimentare questa nuova nascita, attraverso la quale lo spirito si stacca dall’anima e può mettersi in contatto diretto con Dio e iniziare una relazione personale con Lui, una relazione Padre figlio/a.]
Di quel momento ricordo di essermi sentita avvolta da una forte sensazione d’amore.
Negli ultimi due anni mi ero sentita come un’ameba, messa lì, senza sentimenti e senza scopo ma, in quel momento mi veniva detto che io ero importante, che ero amata e che Dio aveva sicuramente uno scopo per me, per la mia vita.
Da quel momento è iniziata la mia vita nella chiesa evangelica, non potendo sapere quali risvolti avrebbe preso nel corso degli anni.
Ho iniziato a frequentare prima la “riunione” della quale faceva parte T, guidata da G, una donna di quasi 60 anni.
Era una donna molto carismatica, energica, giovanile e anche una bella donna, molto curata.
Il suo viso all’inizio mette un po’ soggezione perché ha dei tratti molto duri e con i suoi occhi ti guarda proprio dentro, però poi assume dei modi e dei toni molto dolci, molto materni e ti senti amato e importante.
In queste riunioni (ce ne erano più di una a settimana, almeno un paio) si parlava del sermone predicato la domenica precedente dal pastore D in chiesa a Pontedera, oppure si facevano delle serie di studi/insegnamenti di approfondimento della Bibbia seguendo varie tematiche.
Si partiva con gli studi per neofiti (quindi tutti i principi dottrinali di base, la salvezza, la dottrina dei battesimi etc) e poi si poteva spaziare con gli studi sull’apocalisse e la fine dei tempi, il fidanzamento e il matrimonio, la famiglia, le amicizie, tutto visto sotto i versetti biblici.
All’inizio frequentavo solo io questa chiesa e le riunioni poi, dopo qualche mese, iniziò anche mia madre perché voleva capire in che cosa mi stessi cacciando e poi ci entrò anche mio sorella, l’ultimo ad entrare nella chiesa fu mio padre; ma si può dire che ci siamo entrati tutti nel giro dello stesso anno.
Nella chiesa ho visto attuare quello che, solo a distanza di molti anni, riconosco come il love bombing.
Quando inizi a frequentare la chiesa, la prima domenica che vai ti accolgono con applausi, abbracci e ti fanno domande per conoscerti. Tutti i membri lo fanno, non solo i pastori e i leader.
Ad esempio mio padre fu super apprezzato dal pastore D perché erano tutti e due di Matera e questa è stata la leva per accattivarsi la simpatia di mio padre.
In quanto adolescenti ci veniva insegnato che non dovevamo ubriacarci e drogarci (cose che obiettivamente qualsiasi genitore consiglia ai propri figli) ma la raccomandazione maggiore era quella di non avere rapporti sessuali al di fuori del matrimonio.
Noi ragazze non dovevamo vestirci e truccarci in maniera provocante per non indurre in tentazione il genere maschile, quindi niente minigonne, rossetti forti, scollature importanti.
Io non sono mai stata molto avvezza ad abbigliamento provocante, essendo di natura timida e riservata, però mi piacevano molto i jeans strappati sulle ginocchia, mia madre non me li voleva comprare però, per accontentarmi quando vide che mi ero strappata apposta dei jeans sulle ginocchia, cucì nello strappo una stoffa a quadretti bianchi e neri per dare comunque un tocco rocchettaro (io amavo la musica rock e metal).
Chi mi dava man forte in questo look era A, la sorella di T (la metallara di cui ho parlato prima).
Io e A avevamo in comune un sacco di cose oltre ai jeans strappati e alla musica, ci piaceva tutto ciò che avesse a che fare col Giappone, i fumetti manga e disegnare.
A frequentava un liceo d’arte specializzato in moda.
Quando la leader vide i nostri jeans ci rimproverò molto, insieme al pastore D, perché diceva che eravamo figlie di Dio, il Re dell’universo e le figlie di un re non vanno in giro vestite in quel modo.
La chiesa di Pinerolo faceva parte di una rete di chiese evangeliche capitanate dalla chiesa più grande d’Italia, “La Parola della Grazia” di Verona.
Una domenica venne ospite un pastore dalla Puglia e durante la ministrazione alla fine della predicazione (in pratica il pastore e i vari leader pregavano sulle persone e fungevano da canali per i messaggi che lo Spirito Santo voleva comunicare alla singola persona) successe che ricevette l’ispirazione dallo Spirito Santo che T e A non dovevano più chiamarsi così ma E e D (sono due nomi biblici riferiti a due donne importanti dell’Antico Testamento).
Io quella domenica pomeriggio non ero andata al culto perché non ci eravamo ancora distaccati dai parenti e quindi eravamo ad un pranzo di famiglia.
Quello che successe in quel culto cambia a seconda di chi lo racconta, le due ragazze dicono che hanno ricevuto il comando di cambiare i loro nomi per vivere secondo l’esempio delle due donne bibliche di cui portavano il nome (era un “costringerle” a manifestare più apertamente la loro fede), la nostra leader, G, a distanza di anni dice che si trattava solo di un incoraggiamento ad essere come loro e non a cambiare il loro nome (Dopo anni, quando sono diventate maggiorenni, almeno una delle due ha fatto tutto il percorso per cambiare il proprio nome all’anagrafe).
Io ero rimasta molto scioccata di questa cosa, la ritenevo un po’ eccessiva e improvvisamente dovermi abituare a chiamare le mie amiche con dei nomi diversi fu davvero strano.
Ma non fu l’unica cosa che cambiò.
Infatti A, diventata D, fu costretta a smettere di tingersi i capelli di nero e a smettere di vestirsi da metallara.
Le bruciarono i manga (che non costano poco!) e le distrussero i suoi cd di musica rock e metal che non fossero apertamente cristiani.
Ricordo il momento della tinta per farla tornare del suo colore naturale (biondo): D piangeva disperata (la tinta gliela fece mia madre col supporto della madre di E e D).
A me proibirono i jeans strappati e mi obbligarono a distruggere tutti i cd e le musicassette di musica che non fosse cristiana, in pratica dovevo liberarmi della cosiddetta “musica del mondo” in modo da purificarmi ed essere più vicina a Dio.
Io lo feci a malincuore insieme a mia sorella, mentre tagliavano nastri di audiocassette e spaccavamo cd dovevamo pregare spezzando, nel nome di Gesù, questi legami col mondo e col diavolo.
In questo periodo iniziammo a scappare dai pranzi domenicali perché dovevamo andare in chiesa al pomeriggio e uno dei comandamenti di Dio era di santificare le feste, quindi era vietato mancare alla domenica.
In tutto questo si può tranquillamente dire che la mandante di tutte queste cose era più la nostra leader G piuttosto che il pastore D (lui supervisionava ma non si intrometteva nella nostra riunione, c’era un po’ di rivalità tra la nostra leader G e il pastore.)
G, molti anni prima era stata la segretaria personale del Pastore L della chiesa di Verona, la PDG, ed era stata mandata proprio da lui in Toscana a supportare il pastore D, che non ha mai digerito questa cosa.
Contemporaneamente al culto domenicale e al paio di riunioni settimanali con la nostra leader, noi giovani avevamo una riunione al sabato pomeriggio dedicata agli adolescenti e anche ventenni…però eravamo appena una decina di persone tutte tra i sedici e i venti anni (l’unica ventenne era mia sorella).
A parte con E e D, non avevo stretto molta amicizia con gli altri ragazzi della chiesa, avevo solo altri due amici della mia scuola, A e M, tra cui solo A frequentava una realtà evangelica simile alla mia ma molto meno integralista, mentre M era assolutamente al di fuori di qualsiasi credenza cristiana.
La mia vita era tutta centrata sulla scuola e sulla chiesa, la musica che ascoltavo era cristiana (esiste il white metal e il rock cristiano) e al di fuori delle attività di stage, gite scolastiche e qualche compleanno non avevo molta altra vita sociale.
Al tempo del diploma E e D hanno iniziato a discostarsi molto dalle riunioni e dalla chiesa tanto che sono andate a vivere una a Roma e l’altra a Treviso per seguire i propri percorsi universitari.
Nel periodo degli esami di maturità la nostra leader G decise che era ora di tirarsi fuori dalla chiesa del pastore D e di formare la sua chiesa perché era giunto il tempo di realizzare la visione che Dio le diede anni prima quando ancora lavorava come segretaria del pastore di Verona.
Io, come i miei genitori e mia sorella, ci fidavamo ciecamente di G, tutti nella riunione la ritenevamo la nostra madre spirituale che si prendeva cura di noi meglio di una madre naturale.
Dopo il mio diploma sono stata molto indecisa su quale percorso prendere: università sì oppure no?
Nel frattempo mia sorella si era laureata con non poca fatica e io, che non ho mai amato troppo lo studio, non sapevo se sarei stata disposta a compiere lo stesso sforzo.
Mi piaceva storia dell’arte e prendevo bei voti senza faticare troppo, quindi pensavo che avrei potuto prendere quel percorso universitario oppure prendere l’abilitazione da guida turistica e realizzare il mio sogno di viaggiare.
Mia sorella voleva diventare una traduttrice di libri e voleva andare in Cina.
Ebbene G, ormai proclamatasi pastore (nemmeno il femminile si voleva dare alla sua carica), ci ha convinte a cercarci un lavoro nel pinerolese per poter sostenere la nostra famiglia (che aveva diversi problemi economici) perché i figli non si devono separare dai genitori e E e D erano ormai diventate delle figlie del peccato perché se ne erano andate e avevano abbandonato i propri genitori (teniamo presente che non si parla di genitori non autosufficienti).